Visualizza l'indice!

Che cos'è la SEQ?

Scopri il mondo di VisionSphere e l’approccio innovativo che gli permette di massimizzare le potenzialità del tuo business.

Indice

Vendere è scegliere. Così abbiamo definito VisionSphere e la filosofia SEQ: non solo uno strumento digitale, ma un approccio innovativo che consente di massimizzare le potenzialità del tuo business e di raggiungere gli obiettivi in modo efficace.

Cosa ti racconteremo in questo articolo

  • Le basi del mercato
  • Origine e definizione del marketing
  • Perché è importante comprendere e anticipare i bisogni dei clienti
  • Il ruolo dell’innovazione nel soddisfare i bisogni
  • L’impatto dei motori di ricerca e del marketing digitale
  • Cos’è la SEQ e come utilizzarla nel marketing digitale

Premessa metodologica

Immagina una mite sera d’estate nell’Antica Grecia.
Inizia con queste parole quella che è considerata da tantissimi fan della sitcom The Big Bang Theory una delle scene più iconiche delle 12 stagioni che definiscono la serie che ha come protagonisti Leonard Hofstadter, Sheldon Cooper e Penny. E proprio Sheldon, su richiesta di Penny, che vuole conoscere qualcosa di più del lavoro del suo futuro marito Leonard alla Caltech, utilizza queste parole come introduzione a ciò che lui stesso interpreta come una lectio magistralis all’interno del suo personalissimo Progetto Gorilla che ha come missione spiegare “Che cos’è la Fisica?” a Penny [1].
Ma perché attaccare questo articolo con questo incipit di natura immaginaria?
Perché si tratta infatti di un simpatico esempio di come per capire davvero qualcosa come un’idea astratta sia necessario partire dalle basi: dalle fondamenta di un concetto, abbracciandone nel contempo anche la sua storia che, come una cornice, definisce l’opera come parte di essa. Bisogna partire dalle basi per capire qualcosa.
Per questa ragione questo articolo nasce dalla descrizione di un’esigenza di base di ogni soggetto economico: vendere. E vendere bisogna avere un mercato, trovare un mercato o creare un mercato: il mercato è la conditio sine qua non della vendita. Partiamo quindi in questa nostra avventura insieme dalla definizione di mercato.
Sarà solo un brevissimo excursus introduttivo, ma che serve per gettare le basi del ragionamento svolto a seguire. Partiamo quindi dalla definizione di mercato.
Prototipo della parte superiore, simbolo e logo che identifica VisionSphere.
Prototipo del logo di VisionSphere

Partiamo dalla base: il Mercato

La trattazione che seguirà nel presente articolo non prevede approfondimenti verticali sul tema del mercato, peraltro già ampiamente presente nella letteratura economica, ma semplicemente vuole prendere le mosse da assunti di base proprio come l’esistenza di un mercato.
Secondo gli autori di Wikipedia [2], con una definizione ampiamente ormai genericamente accettata, un mercato non è altro che:
“Il mercato originariamente era solo il luogo fisico in cui si svolgeva in date prestabilite a cadenza regolare la compravendita pubblica di prodotti agricoli o manifatturieri tra diversi offerenti. Con l’ampliarsi dei commerci a livelli sempre più globali macroeconomici il significato di mercato ha assunto anche valenze più vaste comprendenti inoltre categorie merceologiche le più varie: mercato finanziario, mercato del lavoro, mercato immobiliare, e svolto in luoghi non topograficamente definiti anche virtuali e non pubblici. Il termine mercato, in economia ha due accezioni correnti, una indica il luogo (anche in senso figurato) in cui vengono realizzati gli scambi economico-commerciali di materie prime, beni, servizi, denaro, strumenti finanziari eccetera, la seconda si riferisce al meccanismo istituzionale per mezzo del quale si svolge un commercio.”
Se consideriamo come accettabile questa definizione allora potremmo derivarne che la nostra prima assunzione è valida: il mercato è la conditio sine qua non della vendita. Un mercato è quindi definito da un’offerta, un soggetto economico che vuole vendere qualcosa e una domanda, un soggetto economico che vuole comprare qualcosa. E fino a qui sembra tutto semplice: la realtà però è molto più complicata.
Non è sempre infatti chiaro dove si trova e chi sia il soggetto economico che vuole comprare qualcosa. Mettiamo infatti di non conoscere il soggetto economico che vuole vendere qualcosa: ma chi è e dove si trova il soggetto economico che vuole comprare qualcosa?
Prima di entrare nel merito di questo problema, che affronteremo in seguito rileggendo velocemente insieme la definizione di marketing a seguire, possiamo già entrare in argomento grazie a una simpatica storiella che ha cambiato faccia tante volte, ma che in pochissime parole cristallizza un concetto altrimenti molto complicato da inquadrare:
Un’azienda di produzione di scarpe vuole espandersi in un mercato per lei sconosciuto in una zona remota del pianeta e manda allora due scout a sondare quel mercato. Dopo una settimana torna uno dei due sconsolato: “Qui non vedo nessuna possibilità girano tutti scalzi”. Dell’altro scout invece nessuna notizia fino a quando arriva una email qualche giorno dopo: “Urgente! Inviate un grosso quantitativo di scarpe. Qui girano tutti scalzi!”.
Che cosa è possibile imparare da questa simpatica storiella? Che cos’è che il primo scout non ha colto?
Si tratta del bisogno.
Il secondo scout infatti ha atteso qualche giorno in più per avere la possibilità di osservare e capire: per raccogliere i dati che gli permettessero di definire se presente un bisogno. Dall’osservazione della realtà e da dati certi nasce quindi la possibilità di capire se c’è un bisogno: capire quindi se c’è un mercato.
Come precedentemente accennato, prima della simpatica storiella, uno dei temi fondamentali della vendita è la definizione del mercato: se esiste un mercato e, se appunto esiste, dove si trova e da chi è composto. A questi interrogativi dovrebbe rispondere il marketing.

Che cos'è il marketing?

Al termine mercato, market in inglese, è infatti strettamente legato il termine marketing [3]. Un termine particolare, che è effettivamente un sostantivo ma che, avendo come suffisso ing, potrebbe anche essere letto come un verbo. Non si tratta di una lettura comune: ma si tratta di un fatto interessante. Come precedentemente esposto infatti per vendere è necessario un mercato e un mercato è caratterizzato da un bisogno: il marketing potrebbe essere quindi l’azione collegata al bisogno. Prima però di introdurre questo concetto facciamo un piccolo passo indietro. Giusto per prendere la rincorsa.
Come per il concetto di mercato anche per il concetto di marketing non approfondiremmo in questa sede tutte le potenziali definizioni del concetto, ma cercheremmo di andare all’essenza della parola stessa, alla sua base semantica, per provare strutturarne un significato nuovo che nasce dalla storia del termine marketing. Che nasce dalla sua etimologia.

Nascita del termine "Marketing"

Come per il concetto di mercato anche per il concetto di marketing non approfondiremmo in questa sede tutte le potenziali definizioni del concetto, ma cercheremmo di andare all’essenza della parola stessa, alla sua base semantica, per provare strutturarne un significato nuovo che nasce dalla storia del termine marketing. Che nasce dalla sua etimologia.

Definizione del termine "Marketing"

Attualmente in letteratura esistono moltissime definizioni della parola marketing e del suo ruolo all’interno delle aziende ma, restando tra le definizioni più formali, la definizione data dalla versione online del Cambridge Dictionary definisce la parola marketing come l’attività commerciale che implica scoprire cosa vogliono i clienti, utilizzare tali informazioni per progettare prodotti e servizi e venderli in modo efficace [4]. Se quindi, anche in questo caso, diamo per acclarata e quindi assunta questa definizione allora significa che per fare marketing è necessario capire che cosa vogliono i clienti. Capirne appunto il loro bisogno come precedentemente definito per la parola mercato. Il marketing quindi è il mercato, sostantivo, che diventa verbo quando diventa azione nella ricerca di un bisogno. Il marketing, come precedentemente esposto, dovrebbe rispondere agli interrogativi se esiste un mercato e, se appunto esiste, dove si trova e da chi è composto e, soprattutto, sulla base di ciò che è stato definito fino a qui in questo articolo, quale è il bisogno che definisce questo mercato.

Capire che cosa vogliono i clienti

Se avessi chiesto ai miei clienti cosa volevano, mi avrebbero risposto: un cavallo più veloce è una delle più sagaci battute attribuite a Henry Ford. Si dice che fosse tra i pensieri che hanno ispirato un altro innovatore come Steve Jobs, che ne offrì una reinterpretazione al tempo del progetto sui primi Macintosh Come potrei mai chiedere alle persone come dovrebbe essere un computer con un’interfaccia grafica se non hanno idea di che cosa sia un computer con un’interfaccia grafica? Nessuno ne ha mai visto uno prima [5]. Entrambe queste frasi hanno in comune la ricerca di questi due innovatori di soluzioni nuove per bisogni presenti: Ford per il bisogno delle persone di una mobilità migliorata, mentre Jobs per il bisogno di semplicità delle persone per l’accesso al mondo dell’informatica da ogni luogo da parte del grande pubblico.
Questi due famosi casi di business, Ford per la parte iniziale del secolo passato e Apple per il nostro presente e buona parte del nostro recente passato, sono due esempi di come due aziende abbiano saputo comprendere e per alcuni versi anticipare il bisogno di un mercato. Il loro minimo comune denominatore è l’innovazione, l’innovazione interpretata in due settori differenti: ma il punto chiave del loro business è stato definire e comprendere un bisogno. Questo articolo infatti non parla di innovazione, ma vuole utilizzare l’esempio dell’innovazione, come strumento trasversale a differenti business, per far comprendere come il successo di un’impresa è sempre legato alla soddisfazione dei bisogni: palesi, dormienti o ancora inconsci. Ma comunque di bisogni.
Utilizzando strumentalmente l’innovazione, restando quindi in questo esempio ma senza perdere di vista l’obiettivo di questo articolo, prenderemo spunto dalla trasversalità dell’innovazione per comprendere come un bisogno definisce un mercato.

Business Case: l’innovazione come concetto trasversale per la definizione di un bisogno

Secondo un post apparso sul sito Web di McKinsey & Company nel 2022 l’innovazione, in termini di business, è la capacità di concepire, sviluppare, fornire e ridimensionare nuovi prodotti, servizi, processi e modelli di business per i clienti [6]. Quindi, in altre parole, appunto di rispondere con soluzioni nuove a bisogni presenti. Se ci fermiamo a riflettere anche solo per un istante capiremo come anche per i cinque grandissimi casi di successo in termini di business dei tempi moderni, in termini digitali, l’innovazione è stata la chiave per soddisfare bisogni del mercato. Come nuovamente Apple, ma anche Microsoft, Amazon, Google e Meta rispondano, nel loro core business, a questa definizione. Apple, ha creato prodotti per l’accesso alle informazioni in poco tempo da qualunque punto nello spazio, Microsoft ha risposto al bisogno delle persone di efficientare il proprio processo di lavoro, Amazon ha risposto al bisogno di liberare una parte di tempo dedicata agli acquisti avendo comunque accesso a tante possibilità, Google ha risposto al bisogno di accesso veloce a sostanzialmente quasi tutta la conoscenza possibile e Meta ha risposto al bisogno di connessione rapida tra le persone.
Ragionando così velocemente sulle similarità dei business si può facilmente vedere il fil rouge che unisce questi business: il risparmio di tempo e la possibilità di scelta. La modernità del XXI secolo ha infatti portate in dote tantissime comodità, ma ha richiesto a tutti noi una quota maggiore del nostro tempo e una nuova capacità di scelta tra tantissime possibilità inimmaginabili solo fino a 30 anni fa. Sembra semplicistica come descrizione: ma la base dell’idea di innovazione, come nei casi di Ford e Jobs, risponde proprio all’esigenza di soluzioni nuove per bisogni presenti: in questo caso la scarsità di tempo e la difficoltà di scelta.

Il bisogno: la chiave del mercato

Per orientarsi nella vastità delle scelte, con la risorsa tempo come limitata, è quindi necessario identificare una costante che possa aiutare a semplificare le variabili di un modo sempre più complesso. Anche e forse soprattutto nel business. Quella costante può essere la certezza che dietro ogni azione c’è un bisogno. Identificare un bisogno è forse la parte di maggior valore del marketing. Esistono tanti modi per cercare di definire un bisogno ma, qualora si volesse individuare un bisogno futuro, l’idea di base come suggerisce Martin Lindstrom [7] è quella di guardare negli small data. I big data infatti, per loro natura, raccontano il passato: è invece negli small data che si trovano i germogli di ciò che accadrà in futuro. Gli small data sono in grado di definire se esisterà un mercato. Gli small data sono infatti espressioni di un bisogno da parte dei potenziali clienti, le loro tracce, per la ricerca di qualcosa che ancora non è sul mercato o di qualcosa o qualcuno, oppure qualche azienda, che ancora non è a loro conosciuta. Gli small data sono quindi piccole o grandi azioni. Sono azioni che un potenziale clienti mettere in essere quando si tratta di definire o mostrare un bisogno. Un bisogno è uno stato di natura. Prima di procedere con la ricerca è quindi necessario un veloce passaggio sulla definizione di stato, verticalizzato in termini commerciali come da argomento di questo articolo.

Lo stato del bisogno

Dalle teorie della Vendita Strategica di Miller Heiman [8] si può derivare che ogni azione, nel dettaglio azione commerciale, c’è uno stato: uno stato di bisogno e uno stato di non bisogno. Lo stato di non bisogno mantiene lo status quo, mentre lo stato di bisogno genera azioni. Lo stato di bisogno è invece “azionepoietico” perché concerne le categorie del fare, del muoversi o dell’agire e si caratterizza per due differenti declinazioni: il bisogno di evitare qualcosa, tipico di un problema da risolvere e il bisogno di migliorare qualcosa, tipico della volontà di crescita.

Il bisogno di migliorare o evitare

In termini di materializzazione del bisogno quindi sia la fase di miglioramento che quella di risoluzione problematiche sono momenti ideali in cui proporsi al possibile cliente, poiché in entrambi i casi l’azienda è orientata al cambiamento. Cambiano però, tra i due stati precedentemente esposti, le motivazioni profonde della scelta e quindi le relative tempistiche di risposta: per aumentare la possibilità di conversione diventa fondamentale capire se i compratori sono alla ricerca di un miglioramento, dove si avranno tempi più lenti, oppure se è alla ricerca di una soluzione ad una problematica, in cui le tappe saranno più serrate. Da evitare invece i compratori in fase tranquilla, cioè senza un bisogno, in quanto, considerato lo stato e le motivazioni al cambiamento, difficilmente vorranno chiudere un accordo e la trattativa diventerà quindi stagnante e logorante. Come si può osservare si è parlato di sistema di acquisto o di interlocutori e non di interlocutore al singolare: questo accade perché nelle modalità di scelta di approvvigionamento sono coinvolte più figure con differenti ruoli all’interno del processo. Talvolta queste figure possono essere rappresentate dalla stessa persona, ma questo non cambia l’approccio teorico e operativo al sistema. Solitamente però il sistema è appunto composto da più interlocutori in un gruppo di persone denominato sistema di acquisto [9], che possono essere ingaggiati con un differente customer journey [10].

La piramide asimmetrica: il ruolo dell’Intent Marketing

Secondo i pilatri della vendita strategica anche il giusto interlocutore appartenente al sistema di acquisto di un’azienda in target potrebbe ritenere inutile il prodotto giusto per il suo business: semplicemente perché non si è trattato del momento giusto per l’offerta. Il sistema di acquisto individuato si scontra infatti con la variabile disponibilità ad effettuare cambiamenti allo status quo. In quest’ottica è fondamentale capire quindi la disposizione del cliente, sia dissimulata che palese: il compratore potrebbe essere infatti in uno stato di tranquillità, di miglioramento o di risoluzione di problematiche. Acquirente e venditore sono infatti personaggi di una piramide asimmetrica, in cui l’acquirente è per definizione in vantaggio sul venditore in quanto conosce già, oppure ne ha almeno la percezione, dei suoi bisogni. È quindi presente un gap informativo tra la parti a vantaggio dell’acquirente. Un gap che cerca di colmare una disciplina chiamata Intent Marketing [11].

L’intent marketing per anticipare i bisogni

L’Intent Marketing è quella disciplina che si occupa di capire l’intenzione dei clienti di adottare, acquistare o consumare quel particolare servizio o prodotto individuando il bisogno che il potenziale cliente può aver espresso esplicitamente o implicitamente. L’obiettivo dell’intent marketing, infatti, è quello di capire tramite differenti fonti di dati l’intenzione del potenziale cliente di consumare un prodotto o un servizio che essere prevista sulla base di dati comportamentali o catturata esplicitamente. Proprio l’Intent Marketing, è protagonista di ciò che BCG in un suo articolo del 2022 dal titolo “The $2T Opportunity to Boost Sales and Lower Costs with RevTech” [12] ha chiamato la rivoluzione della RevTech: la Revenue Technology. La RevTech è il concetto di utilizzo di tecnologia con l’obiettivo di massimizzare il risultato di vendita: utilizzare quindi gli strumenti tecnologici più avanzati per ottimizzare i funnel di vendita, più in dettagli l’attività di marketing, soprattutto automatizzando la parte alta del funnel.
BCG con la sua analisi ha quindi tracciato la strada, ma le fondi dato dell’intent marketing sono il sito Web, il CRM, dati su consumi precedenti dello stesso prodotto o prodotti simili e alcune attività offline tracciabili. Questi segnali possono raccontare molto, già presi singolarmente, e ancora di più se analizzati in maniera combinata: ma comunque non è abbastanza.
Questi dati sono infatti degli indizi: non dei fatti.
Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova dice una frase attribuita ad Agatha Christie [13]. Ma che sia un’idea della scrittrice britannica o meno questo articolo parla di business: ed è però pur vero che il business non è fiction.
Alla base dell’Intent Marketing c’è quindi una mancanza. Il tentativo è notevole, cioè di capire l’intenzione di ricerca di un potenziale cliente per rendere più efficace ed efficiente l’attività di marketing, ma si tratta ancora di dati indiziari, ma non di fatti.
Dove quindi possiamo trovare dei fatti?

Dove trovare fatti concreti?

I fatti sono azioni e le azioni possono definire concretamente un bisogno. Nelle tante discipline che costellano le attività del digital marketing, certamente l’attività che più si avvicina a centrare nel dettaglio la definizione di un bisogno è la search intent [14]. Utilizzata perlopiù in ambito SEO [15], per search intent si intende appunto quella disciplina del digital marketing che ha come obiettivo di capire l’intenzione di ricerca, quindi il bisogno che sta dietro a ogni ricerca su un motore di ricerca. Si tratta quindi dell’esigenza che ha spinto quella persona o quella azienda a compire quella ricerca. Questo in linea generale. Ma si tratta di passato. Come infatti precedentemente menzionato il passato produce big data, certamente utili per tracciare un’idea, ma non utili per immaginare davvero il futuro. Il lavoro di Nassim Nicholas Taleb [16] è proprio scritto per dimostrarlo. Per il futuro servono le prove che si annidano negli small data. Per questa ragione la search intent, che può aiutare nella definizione di un bisogno, non è però ancora abbastanza.
Se però tutto ciò che è stato scritto fino a ora sembra avere un senso: allora abbiamo finalmente capito che la risposta è nei motori di ricerca.

I motori di ricerca e il marketing: il Search Marketing

Come abbiamo avuto modo di vedere già più volte il mondo del marketing, in termini digital, si divide in tante discipline. Una di queste in particolare si occupa dei motori di ricerca: la SEM (search engine marketing) [17]. Dalla nascita dei motori di ricerca e, nel tempo, con i continui miglioramenti e le continue ottimizzazioni, questa branca del marketing si è sotto-segmentata in SEO (search engine optimization) e SEA (search engine advertising) [18]. Ed è proprio in questo alveo che potremmo trovare dei fatti.
Le interazioni dirette da parte degli utenti di un sito Web, in termini SEO, come le interazioni dirette con le pubblicità online degli utenti nei motori di ricerca, in termini di SEA, sono infatti azioni concrete da parte degli utenti, i potenziali clienti, che possono definire in maniera materiale un bisogno.
In termini SEO ricercare online un sito Web su un motore di ricerca, visitare e interagire con un sito Web, visualizzare pagine e pagine rimanendo in quel sito Web più o meno tempo sono azioni concrete.
Come in termini SEA ricercare online qualsiasi cosa su un motore di ricerca è palesare un interesse verso qualcosa: è un’azione che definisce un bisogno.
Per questa ragione pensiamo sia arrivato il momento di introdurre nel digital marketing una nuova disciplina. Vorremmo ora con questo articolo aggiungere a questa famiglia una nuova modalità di approccio al marketing nei motori di ricerca: la SEQ (search engine qualification).

Da cosa nasce la SEQ: il Cluetrain Manifesto

Il percorso fenomenologico, da cui prende le mosse l’assunto che possa esistere questa nuova modalità di approccio al marketing nei motori di ricerca, che come accennato chiameremo SEQ, nasce dal pensiero elaborato agli albori del mondo globalizzato e interconnesso dal Web nel 1999 da parte di Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls e David Weinberger materializzato nel Cluetrain Manifesto [19].
Il Cluetrain Manifesto è un insieme di 95 tesi nate per aiutare tutte le aziende operanti in un mercato globale e interconnesso, capace di mettere sotto nuova luce un mercato rivoluzionato dalle possibilità tecnologiche. Grazie al Web, e a Internet in particolare, secondo gli autori già dal 1999, le aziende hanno la possibilità di comunicare con i loro clienti in modalità one-to-one, modalità tipica di una conversazione tra persone, invece che in modalità one-to-many, modalità tipica della comunicazione mass market del ventesimo secolo. Secondo gli autori questa possibilità cambia radicalmente il mercato.
In particolare le prime 6 tesi del Cluetrain Manifesto si concentrano sull’assunto che il mercato è storicamente un luogo in cui persone potevano riunirsi e parlare tra loro, discutendo dei prodotti e delle loro caratteristiche, dei prezzi e della reputazione dei venditori: un luogo in cui iniziare conversazioni o continuare conversazioni. Gli autori notano quindi le stesse caratteristiche per Internet: un mercato virtuale e reale allo stesso tempo. I mercati sono sempre esistiti, con particolari limitazioni dovute allo spazio e al tempo: Internet ha abbattuto queste barriere. L’innovazione tecnologica ha abbattuto queste barriere. Tutto questo, prima di Internet, nell’era del one-to-many, della comunicazione mass market del ventesimo secolo, semplicemente non sarebbe stato possibile. Nel dettaglio, come esposto nella prima tesi del Cluetrain Manifesto, grazie a Internet quindi “i mercati sono conversazioni”.
Considerato così che i mercati sono conversazioni, crediamo allora sia possibile che una conversazione aiuti a qualificare un interesse. Soprattutto grazie alla chiave di ogni conversazione: la domanda.
È ormai patrimonio di conoscenza comune nel business come i venditori più performanti siano quelli capaci di porre un alto numero di domande durante la fase iniziale della negoziazione commerciale. Un venditore capace sceglie infatti di fare molte più domande rispetto a un venditore mediocre: conosce bene il valore dell’ascolto, gli insight che può raccogliere e appigli comunicativi che il target potrebbe dare durante le loro prime conversazioni [20].

La base della SEQ: la domanda o la query nei motori di ricerca

Le transazioni di vendita sono sempre state e sempre saranno un terreno per persone. Un terreno in cui le persone parlandosi si pongono delle domande vicendevolmente. Se consideriamo questo assunto come valido allora possiamo considerare come valido anche l’assunto che, nell’era di Internet, una conversazione one-to-one vede le persone partecipare a una conversazione anche quando pongono le domande un motore di ricerca: quando ponendo domande a un motore di ricerca iniziano e continuano una conversazione composta da domande e risposte con un motore di ricerca. Una conversazione è infatti utile per conoscere e, strumento chiave della conoscenza sono le domande. Queste domande che, in termini digitali e quindi quantificabili, nei motori di ricerca si chiamano query. Queste query sono così una richiesta che una persona o un’azienda porta in un mercato. Queste domande poste al motore di ricerca non hanno però in realtà una risposta data da un motore di ricerca, ma una risposta data da un’azienda. Il motore di ricerca si occupa infatti solo di organizzare delle risposte in una SERP (search engine results page) [21] a contenuti preparati da aziende per risponde a una specifica domanda. Il processo può essere singolo, oppure iterativo ma, in entrambi i casi, si tratta di una conversazione in asincrono. Si comportano come dei partecipanti a un’asta, che rispondono al battitore d’asta che pone delle domande. Seguendo questa logica possiamo così dire che le aziende sono gli attori di questa conversazione one-to-one. Sia che questa conversazione sia iniziata da un utente privato, che se questa conversazione fosse iniziata da un utente parte di un’azienda.
In ogni caso l’azienda che conosce queste query avrà un vantaggio competitivo.
Questa query può infatti essere formata da un quando, dove, cosa, chi e (indirettamente) da un perché: le 5W [22] del giornalismo codificato dagli inglesi. La regola delle 5W (iniziali di Who, What, Where, When, Why) è infatti considerata la regola principale dello stile giornalistico anglosassone derivate da I Loci argumentorum [23] di filosofi e retori dell’antichità ed elaborate dagli Otto Elementi di San Tommaso d’Aquino.

Come utilizzare la SEQ: il B2C, il B2B2C (e derivate) e il B2B

Le transazioni di vendita sono sempre state e sempre saranno un terreno per persone. Un terreno in cui le persone parlandosi si pongono delle domande vicendevolmente. Se consideriamo questo assunto come valido allora possiamo considerare come valido anche l’assunto che, nell’era di Internet, una conversazione one-to-one vede le persone partecipare a una conversazione anche quando pongono le domande un motore di ricerca: quando ponendo domande a un motore di ricerca iniziano e continuano una conversazione composta da domande e risposte con un motore di ricerca. Una conversazione è infatti utile per conoscere e, strumento chiave della conoscenza sono le domande. Queste domande che, in termini digitali e quindi quantificabili, nei motori di ricerca si chiamano query. Queste query sono così una richiesta che una persona o un’azienda porta in un mercato. Queste domande poste al motore di ricerca non hanno però in realtà una risposta data da un motore di ricerca, ma una risposta data da un’azienda. Il motore di ricerca si occupa infatti solo di organizzare delle risposte in una SERP (search engine results page) [21] a contenuti preparati da aziende per risponde a una specifica domanda. Il processo può essere singolo, oppure iterativo ma, in entrambi i casi, si tratta di una conversazione in asincrono. Si comportano come dei partecipanti a un’asta, che rispondono al battitore d’asta che pone delle domande. Seguendo questa logica possiamo così dire che le aziende sono gli attori di questa conversazione one-to-one. Sia che questa conversazione sia iniziata da un utente privato, che se questa conversazione fosse iniziata da un utente parte di un’azienda.

La SEQ per il B2B

Comprendere il consumatore finale

Per il B2C la SEQ può essere utile, a livello di nazione, area, città o anche di singola zona (per esempio la fermata di una metropolitana) per un’azienda per capire quali sono i trend attuali: le ricerche in tempo reale o di un breve lasso di tempo che affonda le radici nel presente. Queste informazioni sono basilari per un’azienda B2B perché, analizzando il flusso dati informativo, può prendere scelte data-driven in termini di prodotto, di logistica o di investimenti pubblicitari. In termini di prodotto l’azienda potrebbe infatti sviluppare in real time una nuova offerta: se per esempio scoprisse infatti che, nonostante il suo catalogo sia composto perlopiù da prodotti blu, il suo target potenziale stesse cercando gli stessi prodotti, ma in rosso, potrebbe così cambiare la produzione più velocemente possibile così da intercettare un bisogno in tempo reale. Anche per ciò che concerne la logistica la SEQ può dare vantaggi concreti. Mantenendo sempre per semplicità l’esempio del prodotto blu o rosso, un’azienda potrebbe mettere sotto focus aree differenti: aree afferenti a suoi magazzini sparsi per il territorio. Utilizzando tecniche SEQ questa azienda potrebbe conoscere quali aree sono più interessate al prodotto blu o al prodotto rosso, perché conosce i loro bisogni in tempo reale e quindi le loro potenziali intenzioni di acquisto. Conoscendo queste informazioni l’azienda in oggetto potrebbe spostare la merce in maniera più efficiente, con evidenti risparmi di tempo e costi di trasporto e, al contempo, proporre nei negozi in maniera più efficace i suoi prodotti in termini di trade marketing: dal facing, alle promo, passando dallo spazio a banco, fino alla gestione delle rotture di stock. In ultima analisi, la stessa azienda che ha comparato varie zone per capire se i consumatori sono più propensi all’acquisto del prodotto blu o rosso potrebbe cogliere importanti vantaggi anche in termini di ottimizzazione della pubblicità. Sapendo cosa ricercano maggiormente i suoi potenziali clienti in una determinata area, per esempio il prodotto rosso, questa azienda potrebbe in linea con le sue strategie e a saldo di budget previsto, corroborare queste intenzioni spostando budget sul prodotto rosso, oppure cercare di rilanciare il suo prodotto blu in quella zona. Questi sono solo tre veloci esempi di ciò che la SEQ permette di fare nel B2C: siamo certi esistano altre strategie che i nostri clienti già stanno utilizzando per migliorare le performance del loro business.

La SEQ per il B2B2C

Ottimizzare la catena di fornitura

La SEQ può risultare molto utile anche per il B2B2C. Come infatti definito grazie agli esempi precedenti conoscere le intenzioni di acquisto dei consumatori finali (C) può fare orientare il produttore (la prima B) a produrre in real time, movimentare merce o sviluppare campagne pubblicitarie in modo tale che il suo intermediario (la seconda B) sia nelle migliori condizioni possibili per erogare la vendita. Oppure la SEQ può essere utilizzata nella ricerca da parte di un produttore di un intermediario, che magari sta ricercando online un determinato prodotto o servizio da rivendere, sia in termini quindi di B2BC, che eventualmente di B2B2B, in cui quindi il cliente è un’altra azienda, fino a tutti i possibili schemi derivabili da questa logica di intermediazione. Come nel caso precedente quindi l’unico vero limite non sono gli esempi qui riportati, ma la fantasia delle aziende nell’applicare la SEQ nel loro business e per i propri obiettivi.

La SEQ per il B2C

Più efficacia ed efficienza nel processo commerciale

Analizziamo infine il caso per cui la SEQ è nata: il B2B. Se definiamo ora le 4 fasi del funnel B2B (prospecting, qualify, get the info e closing) in cui la parte alta è composta da prospecting, cioè un’azienda è interessata a collaborare con un’altra azienda e qualify, cioè se questa seconda azienda è interessata a ciò che è o a ciò che fa la prima azienda, possiamo dire che trovando l’interesse della seconda azienda possiamo così qualificare la stessa. Come esposto precedentemente un buon venditore, soprattutto nel B2B, nella prima parte della conversazione si concentra sulle giuste domande per il proprio potenziale cliente perché, in questo modo, potrà capire se esiste un bisogno e quindi, come ripetuto più volte in questo articolo, se esiste un mercato. E se esiste questo bisogno deve avere un’offerta tale per poterlo soddisfare. La stessa logica di fondo è applicata dalla SEQ. Sarà infatti possibile ricordare che, nel paragrafo dedicato al RevTech, si è parlato di come ottimizzare i funnel di vendita, soprattutto automatizzando la parte alta del funnel. Questo permette di fare la SEQ. Automatizzando la parte di prospecting e qualify la SEQ migliora le performance del funnel lavorando direttamente su target estremamente qualificati: permettendo di scegliere i propri potenziali clienti in maniera data-driven così da rendere più efficace ed efficiente il processo di vendita. Grazie a Internet, alle conversazioni, alla domanda e alle risposte è possibile qualificare quindi grazie a un motore di ricerca l’interesse di un’azienda per un’altra azienda. La SEQ è conversazione perché una persona che definisce un’azienda, sotto osservazione, pone una domanda a un motore e il motore risponde con delle possibilità che sono risposte asincrono di altre persone rappresentanti altre aziende che definiscono un interesse. Prendiamo per esempio un’azienda che produce un prodotto che rivende ad altre aziende. Potrebbe avere 100, 500, 1000 o 10000 clienti potenziali in tutto il mondo (questo è il prospecting). Analizzando nel dettaglio il loro comportamento online e le loro intenzioni di ricerca sarà possibile qualificare, cioè definire quali aziende sono interessate all’acquisto, sono le aziende che hanno mostrato un interesse per quel prodotto, concetti ad esso collegati (servizi, difetti, evoluzioni), oppure per l’azienda produttrice (e questo è il qualify). Così facendo è stabilito un bisogno, quindi un mercato: e l’azienda che utilizza la SEQ ne ha un’evidente vantaggio perché può concentrare i suoi sforzi e le sue risorse solo sui target promettenti con un efficacia migliorata, data dall’incremento delle vendite e con un’efficienza migliorata, data dalla diminuzione dei costi in marketing e vendite proprio come suggerito da BCG nel suo articolo The $2T Opportunity to Boost Sales and Lower Costs with RevTech.

In conclusione: come fare a mettere in campo una strategia SEQ

Per definire un mercato è necessario definire un bisogno e il ruolo del marketing è quello di definire il bisogno. Secondo la prima tesi del Cluetrain manifesto i mercati sono conversazioni. Il bisogno sarà quindi nelle conversazioni. Se questo è vero crediamo allora sia possibile che una conversazione aiuti a qualificare un interesse: che grazie a una conversazione si possano scoprire delle necessità. Se questo è vero, allora una conversazione può quindi aiutare un’azienda a capire le necessità dei suoi potenziali clienti: quindi a capire quali sono i suoi potenziali clienti interessati a iniziare una collaborazione. A qualificare quindi delle possibilità. Se questo è vero, si può raggiungere questo obiettivo soprattutto grazie alla chiave di ogni conversazione: la domanda. Le domande sono delle azioni e ogni azione racconta qualcosa. Un’azione racconta un bisogno: il bisogno di evitare qualcosa, tipico di un problema da risolvere e il bisogno di migliorare qualcosa, tipico della volontà di crescita. Se questo è vero, per ogni bisogno si creano delle azioni.
Allora VisionSphere, software SEQ creato da Vehnta, nel solco del RevTech Marketing, intercetta queste azioni, queste domande, che sono comportamento reale di persone o aziende potenziali clienti dei suoi clienti: così da generare dati per decisioni data-driven così da migliorare l’efficacia delle vendite e per efficientare il processo di marketing e commerciale in termini di tempo e risorse economiche.
Per saperne di più sul funzionamento di VisionSphere allora clicca PAGINA SITO VISIONSPHERE [27]

Fonti

E tu cosa ne pensi?

Scrivici nel form qui sotto e raccontaci le tue opinioni sul più celebre motore di ricerca al mondo!

Indice